Monday, August 28, 2006

la forza stessa del fiore che apre, la pioggia che si svuota, il muro secco inginocchiato e la nuca giunta alla prima comunione con il sole. arriva la voce squarciante e sa la formica accanita, sa il silenzio di santuario, l'ammasso di colori alla poltrona. guarda che l'estate non seppe il nero e tanta ne voglio e cerco ancora. tu, campana che scocchi lontana e spalanchi al palmo il mare che la bocca di febbraio strinse. per i segreti cassetti del monte sommerso che il marinaio pregò e il pesce ebbe confidente. porti la conchiglia all'orecchio per ricordarmi il suono delle madri. io, sposa del dio estinto. del figlio perduto. se il cielo rovescia ancora quello che la terra solleva, tu al centro tieni e afferri, porgi e la mano presti alla carezza. la Voce per il letargo di tempesta. tu apri prossimità che vedo e so e sposti l'asse alla misericordia della valle senza vento.

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